La specificità del progetto richiesto dal Comune di Monte di Procida, ovvero il “ripristino”
di un percorso di collegamento tra un punto di vista paesaggistico (il belvedere sul canale di
Procida) ed un sito storico-culturale (l’area archeologica di Cappella) ha richiesto un’attenta
definizione degli obiettivi, delle finalità e della metodologia per raggiungerli.
Apparentemente si tratta di un intervento “leggero” teso tra il recupero storico ma
sopratutto funzionale di un’antica strada ed il restauro paesaggistico ed urbano dell’area di
notevole valore ambientale che viene da essa attraversata.
Ma, accanto agli eccezionali valori naturali ed ambientali dell’area di Torre Fumo e Monte
Grillo ed all’interesse per l’antica necropoli romana di Cappella, il territorio di Monte di
Procida appare investito, purtroppo, anche da diffusi degradi, carenza di qualità urbane,
scarse attrattive per una fruizione attenta e dedicata.
Gli obiettivi principali da raggiungere con il progetto sono apparsi almeno due:
• la definizione delle funzioni e delle occasioni del “percorso”;
• l’identità del percorso.
Nel primo caso, è evidente che la ri-costruzione di una antica strada pedonale, in alcuni
tratti anche impervia, richiedeva un’attenta lettura del suo “essere stato” (quale era il suo
tracciato, a cosa serviva, quali punti univa, cosa incontrava lungo il suo corso, come era
realizzata, quale il suo stato materico), delle sue trasformazioni nel tempo (sia rispetto alle
mutate esigenze sia in relazione agli “abusi” su di essa perpretati) e del suo “essere domani”
e quindi le funzioni che potrà svolgere e le occasioni che lungo il suo percorso si dovranno
determinare.
Alcune esigenze erano già definite nel progetto preliminare redatto dall’Amministrazione
Comunale: recupero o realizzazione di punti panoramici, restauro e recupero funzionale di
strutture pubbliche in disuso (il vecchio serbatoio comunale) e di piccole fabbriche rurali.
Altre erano sottese nel medesimo progetto: il recupero delle aree adiacenti al percorso.
Altre ancora era necessario definire valutando i valori in campo (ambientali, paesaggistici,
storico-culturali) e le suscettività ad una fruizione che possa costituire motivo di interesse e
quindi di uso e manutenzione continua di tutta l’area di Monte Grillo e Torre Fumo fino a
Cappella.
Ci è sembrato, infatti, che l’occasione era quella di ripristinare un percorso non come
semplice collegamento tra punti del territorio ma sopratutto come possibilità per valorizzare
una vasta area di grande valore ambientale come uno dei punti di eccellenza del territorio
dei Campi Flegrei, anche in relazione al Parco Regionale, recentemente istituito.
Da questo punto di vista, abbiamo ritenuto almeno tre le “occasioni” sui cui impegnare il
progetto:
• la riqualificazione del versante di Cappella fino alla via Cappella medesima ed alla
necropoli, interessato da una ripresa di conduzione agricola di pregio (vite) ma anche
da costruzioni abusive;
• la riqualificazione dell’altopiano di Monte Grillo, di eccezionale valore paesaggistico, ma
degradato e invaso da usi impropri (pub, chalet, parcheggi auto, aree incolte, ...);
• la realizzazione del parco attrezzato sul mare alla Marina di Torre Fumo, da collegare al
porto turistico di Acquamorta ed all’area di Miliscola, nonché all’abitato sovrastante.
Il secondo obiettivo, invitava a determinare un’immagine identitaria del percorso, una
sua riconoscibilità, una capacità di destare interesse.
La prima azione da perseguire era quella del “restauro” della strada e delle aree
interessate: questo ha richiesto un’attenta lettura dei caratteri e dei significati storici, degli
aspetti geotecnici e di difesa del suolo (le caratteristiche geologiche dell’area presentano
caratteri di eccezionalità e di fragilità che si pongono come prioritari rispetto a qualsiasi
intervento), delle qualità botaniche ed agronomiche, anche prevedendo rimozioni,
rinaturalizzazioni, rifunzionalizzazioni.
Ma, contestualmente, occorreva individuare altre azioni, significative e riconoscibili, che
potessero “sostenere” l’intervento e ne rendessero di interesse la sua fruizione, sopratutto
per quelle parti degradate o cancellate che andavano quindi “ripensate” in un dialogo – di
continuità ma anche di innovazione – con la storia.
In tal senso, ci è sembrato necessario pensare ad un continuo intreccio tra elementi
naturali (varietà della composizione e delle associazioni delle specie botaniche locali,
creazione di giardini naturalistici tematici, uso dell’acqua, roccia, ...) e presenze artificiali
(sculture, opere d’arte, piccole costruzioni, sistemazioni dei terreni, arredo urbano, ....),
evidenziate da un attento e innovativo sistema di illuminazione.
La “identità” del luogo potrà avvenire anche attraverso l’attribuzione di nuovi
significati con interventi di carattere artistico (permanenti, ricorrenti od occasionali), o
svilupparsi attraverso una successione di eventi sensoriali (oggetti simbolici e allestimento di
sussidi audio-visivi), con il compito di evocare quel rapporto tra natura e mito che costituisce
una delle principali eredità del paesaggio mediterraneo e che può trovare qui una sua
rappresentazione simbolica.
Parallelamente, il progetto ha valutato e approntato le soluzioni più appropriate per una
fruizione “controllata”, adeguando o prevedendo la qualità e l’offerta di attrezzature e
servizi (centri di informazione, parcheggi, sussidi didattici e ludici, ..), con una attenzione
continua alla fragilità paesaggistica di luoghi “interpretabili” sia da mare che da terra e che
costituiscono una delle aree di maggior valore del territorio Flegreo.
Si potrebbe sintetizzare che il progetto configura, nel suo insieme, la creazione di
un’area a parco innovativo, in quanto, piuttosto che definire un perimetro, un ambito cui
applicare politiche di salvaguardia e di valorizzazione, definisce un sistema complesso di
luoghi, esistenti o da creare, collegati da itinerari, che nel reciproco rapporto fisico e
relazionale istituiscono veri e propri punti di misura del “paesaggio”.
Diventa evidente, da quanto affermato, che la lettura dei luoghi, delle tracce e dei segni
che ha lasciato la storia, del divenire delle trasformazioni ambientali (la natura è la maggiore
rappresentazione del mutare del tempo – non può esistere un paesaggio statico ed
immobile nel tempo), dell’accavallarsi di culture ed usi, ha rappresentato il primo terreno di
lavoro del progetto.
E poiché la “conoscenza” non è fine a se stessa, né fornisce solo il quadro quantitativo
della realtà, in questo caso è stata parte determinante del progetto, sia per la lettura e
l’interpretazione della realtà, vista nel suo divenire continuo, sia nel determinare quella linea
di conservazione-innovazione che sostiene la nostra impostazione culturale.
In tal senso è stata posta l’attenzione alla qualità dei fatti e delle cose, all’ascolto non solo
degli elementi già evidenti ma anche a quelli appena sussurrati, nella consapevolezza che
“conservare” è innanzitutto un’operazione di attenta manutenzione materica del bene, sia
quando si tratta di una fabbrica, sia quando si tratta di un ambiente naturale.
Infine, particolare cura è stata rivolta alle questioni gestionali e manutentive, prevedendo,
ad integrazione sostanziale del progetto, eventi e funzioni che possono determinare una
fruizione continua e quindi una più attenta manutenzione dei luoghi oggetto degli interventi.
Gli aspetti economici e gestionali, hanno costituito un punto determinante del progetto,
sia in relazione ai finanziamenti già disponibili e/o a quelli attivabili per ulteriori interventi
connessi, sia in relazione ad una diretta partecipazione, anche finanziaria, di soggetti privati:
una parte degli interventi previsti potrà essere affidata, infatti, sia per il completamento delle
opere che per la gestione, a soggetti privati sulla base di un bando concorsuale pubblico.
Analogamente, le numerose “opere d’arte” previste lungo il percorso e nelle aree
d’intervento vengono suggerite prendendole a prestito tra quelle già esistenti: si
rappresentano così gli esempi dei temi proposti e necessari. Le opere d’arte definitive
dovranno essere realizzate ad hoc sulla base di concorsi artistici specifici, di “acquisti” mirati,
di esposizioni anche non permanenti che favoriscano lo scambio tra culture diverse.